12 novembre 2007

Pupe


Nel cielo di queste mattine, in una città che manteneva ancora il senso dell'orizzonte sul mare, ancora un pò prima che uno dei nostri figli venga cancellato dalle liste dell'Illuminazione Universale, e si potesse temperatamente cominciare a contare i giorni delle nostre felicità, accadeva che si vedessero nuvole di colore rosa pascolare come ebbre di pienezza sopra guglie e campanili, camini, tegole marroni e rami. Una pienezza che modificava ad ogni passo il colore della lucentezza aerea fino a stordirci. La giornata poi si restringeva in un soffio per dissiparsi in un tramonto di tinte complementari e assurdamente incrudite come metallo che passa dal caldo al freddo, senza scandalizzarsi oltremodo. E noi, di fronte a queste intemperanze delle stagioni, delle arie e delle maree, non trovavamo altro scopo che di benedire il mondo prima di ogni altra eventualità. Sapendo d'essere vicini, per quanto il folle occhio della materia non ci lasci un angolo di rifugio, alla fine della nostra larvale beatitudine e al momento dello sfarfallamento verso l'ignoto.