27 settembre 2009

pony express


barcollo alla tracolla marrone,
sudo come cammino
sono vicino e spensierato
mezzo azzardato ora ricordo.

23 settembre 2009

Magicabula






Il miasma del fantasma, oppure un cataplasma sul fusto vetusto; e subito un sauro cornuto dal lauro compare, con due magiche code, a stregare gli astanti. Gli incantesimi nel campo santo, con danze e fumo sopra le tombe dei calafai, attirano i fratelli africani che adorano la madonna bianca, e pulsano ormoni dai loro occhi rossi. Delegazioni di assaggiatori di caffé passano ormai ubriachi, e in un angolo dimenticato ragni a strisce gialle combattono con bisce dalla lingua lunga. Noi, i Guardiani della Reversibilità, benvoluti dai confratelli, dai padri e dalle madri, ossequiati da tedeschi e francesi, in una nuova convenzione di Ginevra, in un divano internazionale teologico-platonico, in conversazioni tra pasticci debordanti di delizie e bisticci, mozzarelle in carrozza con lacché d'alici, lecchiamo i sali, consumiamo i calcari.



22 settembre 2009

Il tempo dell'apprendista








Ho perso molto tempo restando seduto. Il tempo perso si è inabissato, come dentro un fiume carsico, non so dove. E come il tempo fluisce, quello passato fluisce in un mare in qualche regione non so dove dentro la coscienza, o nel cuore che batte, o nei flussi del respiro e del sangue; ma in un serbatoio, in una grande distesa, in una condensazione o un bacino, quel tempo stà lì a evaporare. Il tempo che ho perduto scorre a gocce sublimato insieme alle frecce del presente.
L'affanno delle cose che turbinano intorno all'ansia nei momenti in cui mi alzo ha un particolare carattere tempestoso, burrascoso; il mare si muove lanciando strali di tempo condensato come grandine dura. Quali decisioni si saranno convogliate, e separate, strappate al fondo per afferrare le cose, spingerle tutt'intorno senza fiato a mulinare con energia cieca, per essere finite, decise, violentate dal mio arbitrio? Cosa lavora questo tempo insondabile e oscuro, quali perle di volontà e desideri infila insieme per donarle poi in una collana barbara ad un collo d'albero, ad una vita di vespa, adagiarla ad un fianco di montagna? Ma di più, in parole dette, in collane di parole ascoltate, che hanno attorniato il tempo e le sue oscure anticipazioni verso un fiume di eventi, senza paura alcuna.
Prosegue la metafora questo corpo, prosegue un tempo immaginato. E' l'evaporazione che diventa immagine, come un arcobaleno di gocce sospese diventa schermo del sogno. Perché il Doktor biasimava l'attività del sogno ad occhi aperti? Nulla di male, nulla di male: è un cinema delle passioni, ma in una camera oscura che s'agita immediatamente dopo, s'alza e cammina. Cosa sanno fare le parole delle narrazioni e del pettegolezzo?




21 settembre 2009

Da capo a capo






In questi giorni sospesi, in cui la vita s'altalena da un capo all'altro del giardino giunto ad un pomeriggio di tiepido sole, di ombre preziose intrecciate a brezze voluttuose, considero di prendere congedo dal ricordo e dal giudizio, gettandomi per così dire al di là di me stesso con un salto temerario. La velocità dello slancio è data oramai dalla somma degli eventi, e forse da una maturazione giunta in questi lunghi giorni di fine estate, come un pomo d'oro o una pera williams. Un segreto cavilla le notti e una moneta fasulla mi ripaga di un sogno fin troppo lusinghiero; scopro che non siamo strutturalmente capaci di considerare gli eventi della nostra vita secondo un giudizio definitivo, incondizionato dal presente, dal momento in cui è svolto e dallo stato d'animo in cui ci troviamo, cadenti come denti del giudizio, perdenti come lotterie circensi, frananti come montagne su letti d'argilla. Si leggono i passati con i piedi piantati nel pantano del presente, o con le ali spianate nel vento del momento, ed il cumulo non dà mai una somma che sia la stessa in entrambi i versi. Il verso si riversa nel diverso continuamente e non s'immagina unico e perfetto, con un'adeguato e congruo aspetto se non per ambizione di finzione, per mancanza di finale, per funzione essenziale. La funzione della speranza non è mai troppa in ogni occasione di calcolo differenziale dell'esistenza. Ecco il mio calcolo: se sto in meno ora, il mio passato ha avuto un più che se n'è andato, oppure deriva da una somma di minori gradienti d'infelicità, che dà sempre meno; se ho un più al momento, sono contento di venire a sapere che derivo da una fortuna sfacciata di addizioni positive, o che se c'era un meno, lo era sempre meno di ora. In definitiva l'altalena non avvisa in quale ascendente o discendente si è presi nella lena, si può scendere o salire, ma per tornare indietro nella considerazione al momento successivo. E' il segreto miei cari, il segreto che bisogna custodire, mantenere e trattare. Trattare col segreto girandoci intorno con parole esatte, e non riuscire mai a svelarlo tuttavia; creare un mito intorno al segreto, una nuova storia che si sommi al mistero. In questo modo il volano dell'altalena pare avere una spinta, una incognita mano che lo dirige verso il futuro oscuro, il passato consegnato nel silenzio, il presente dubbioso e respirante.




18 settembre 2009

quiete stanze sinistre


Arresa ad ogni parte lesa, così una promessa da mantenere nella sua chiesa, divenne una spesa al mercato rionale dove pesare le verdure tra gambe arcuate di vecchie femmine e passar loro di fronte, prima che passi dalla mente la lista delle cose, come un affronto. Perché non sono mai state donne, ma solo animali da mercato, perché si prova disprezzo ma lo si deve dissimulare, sempre, in ogni istante e sorridere sdilinquiti di fronte alla vita e amarla nelle sue barbare forme d’accatto e di attacco alle code. E’ questo amore così raro da esistere solo in particolari circostanze coincidenti e irriconosciute che viene venduto. Inevaso per mancanza d’amore, cappa dei sentimenti e corolla fiorita variopinta, gemmazione del risentimento. Alla fine due cose verosimili possono bastare per la vita intera al baratto. Come idee di compagnia per la breve eternità che sembra riguardarci.

16 settembre 2009

Sogno di uno scrittore criminale



Mi trovo in una serie di situazioni in cui commetto dei furti, vengo inseguito (mi cercano senza riuscire a vedermi), sparo e faccio crollare con un'esplosione delle stanze della banca, passo ai margini delle impalcature vicino alle fondamenta della banca e con un dito allargo la fessura di una trave portante che è marcita. Mi trovo in un grande edificio pieno di docce, forse una piscina, in cui giro nudo cercando le mie cose, lasciate in una borsa, tutte le mie cose di fuggiasco e senza casa. Ho mio figlio con me, come se l'avessi portato via da casa, gli faccio fare la pipì e gli lavo il culetto a una fontana di una piazza. Credo di aver commesso un reato piuttosto grave di cui sento la colpa ma non comprendo nulla, e compio delle azioni violente; ma nonostante la paura di ciò che faccio la polizia non riesce a trovarmi, sono come un'ombra. Mi sembra di sparare ad un'insegna luminosa (cosa c'è scritto?) per dirigere i poliziotti verso quel punto e per aver via libera per far esplodere la banca. Qualcosa si lega ai miei scritti, che ho lasciato da qualche parte e che tuttavia non sono stati trovati dagli investigatori; forse sono proprio custoditi nella banca. 
Tutto cambia repentinamente, completamente. Noi due siamo ai margini della campagna dove comincia la pineta e poi la spiaggia. Una grande estensione di campi appartenenti ad un contado. Delle strade di sassi, polverose, sotto filari d'alberi, spesso pini marittimi, ci portano paralleli alle spiagge tra paese e paese, in bicicletta, e la tua si ferma. Ora ti porto con la mia Honda. Ci addentriamo nella pineta dove c'è il rudere di una grande casa colonica, mescolata alle rovine di un bunker antiaereo, in cemento armato, e tutto questo si muta in grandi sale rovinate, una di queste come un ampio atrio, con uno scalone colossale, anche questo diroccato, con buchi e piante sui soffitti. C'è della gente, invitati ad una festa, ad un ritrovo, e noi liberamente ci mescoliamo a loro, che vanno e vengono tra musiche, mostre, rinfreschi che si tengono un pò dovunque, sopra terrazzamenti intorno al bunker, pinete sopraelevate, ponticelli. Il tramonto si avvicina, e la luce filtra tra i buchi del soffitto, rosea, carezzevole sulle cose. Una tenda di velluto pesante nasconde un passaggio sotto lo scalone verso una stanza, un appartamento abitato abitualmente, forse un camerino per un'artista di spettacolo, o la proprietaria della tenuta di campagna; vediamo un taccuino posato sopra la toeletta, dei fogli sparsi insieme a mozziconi di sigaretta: quei fogli sono miei. I soldi nel taccuino sono quelli che ho rapinato dalla banca, ma molti anni prima, e questo bunker non è altro che quella banca che avevo fatto esplodere. I fogli e i soldi sono stati custoditi da questa donna che non c'è. Tutto qui ha preso le sembianze di un luogo nuovo, tranquillo e pacifico tra cicale e interessi artistici, reminiscenze di soggiorni hemingwaiani di caccia ai fagiani nelle proprietà del conte Pasti. Usciamo fuori, ci troviamo nel cortile della casa colonica, in terra battuta, dove nei fabbricati rustici intorno sono stati organizzati dei laboratori, come un museo, dedicato ad un uomo che qui ha costruito un falansterio, un villaggio in cui si viveva di scoperte scientifiche. Giriamo lungo un percorso dentro gli ampi fienili, le stalle, capannoni in cui quest'uomo ha costruito e raccolto macchine che servivano per migliorare la vita contadina e sociale della casa colonica. Tutto ha delle targhette, vi si trova qualsiasi collezione di insetti, animali, minerali, congegni per misurare, meccanismi per muovere, bobine per raccogliere energia, e delle guide spiegano in maniera ottimistica ed entusiasta la vita e le scoperte di quest'uomo, accompagnandoci alla fine di fronte al busto in bronzo posto alla fontana in mezzo allo spiazzo in terra battuta, polverosa, tanto che mi guardo le scarpe sporche di bianco. Vedo i cancelli di ferro alti che racchiudono l'intero borgo, l'entrata è chiusa da due inferriate coronate ad arco, con sopra una frase malandata (cosa c'è scritto?) che è rivolta all'incontrario, verso lo stradone bianco che si perde nella piattezza dei campi coltivati. Sono rinchiuso? 
Quel busto è mio figlio, che ha seguito con assiduità un sogno di riscatto, che ha saputo trovare risposte laddove avevo seminato solo domande.


15 settembre 2009

il ragazzo degli ultimi banchi



Sono un asino degli ultimi banchi per lunghi momenti rimasto a osservare quando dalle altre botteghe si fanno le tare e io scendo nel vortice e davanti o con me uno strappo del diamante nella sua teoria di buca centrale, otto nero, vedo, parla colore. Ma tu della prima fila cosa potrai osservare?

Meditazione occidentale




  Quando il sole è basso, troppo basso per essere credibile, in questo sdilinquimento di colori, nella generale assenza di confusione in cui tutto è piantato, e cavo, cavernoso, angoloso, di peso plumbeo come caduto sulla terra, il cielo riprende la sua pienezza e le montagne raggiungono la loro giusta distanza. Quando il mondo così conquista il suo ordine e tutte le cose hanno ripreso il loro posto, si è fatto già troppo tardi, tutto è già finito, per la speranza e la giustizia. L’appello viene rimandato ogni giorno fin dall’inizio.
  Pensavo di telefonarti, ma le batterie sono scariche. Neppure un messaggio in questo imbrunire, neppure un amorino che passi, in affitto per spedizioni, un Mercurio a cui affidare uno scritto, verbi volanti per quest’aria così carica di scosse. Dunque affidiamoci alla potenza del pensiero, di immemorabile tradizione, sicuro strumento primordiale in caso di abbandono della tecnica moderna. Checché ne dica il Filosofo contemporaneo. Checché se ne faccia aporia, il divenire delle cose sorpassa la telepatia degli stati d’animo e l'illusione del Pensiero. Le ombre gli cadono addosso, e lui come le sue immagini è caduco. Stiamo tranquilli dunque, il tempo passa e io mi stò muovendo verso un luogo in cui giungerai anche tu.



13 settembre 2009

Estro veneziano




Suppongo il rischio che ride a vivere
in queste strade di città per gambe
ed aquiloni montati su sandali
e palette, cucchiai, posate natanti
da brodo primordiale, e frullatori
birbanti per pesci scaltri, forse
squaletti in tassì di lussi e flash,
irriverenti lampadati in polo,
che fanno le spole tra spallette
di ponti ed hall hemingwaiane
spopolate, grottesche plaghe di guai...
Tra le zattere accampate gli schiavi
sguaiati del tuttoturismo bevono
gazose in yacht di lacca blu, presidenze
gongolanti con l'acqua alla gola,
la ricchezza della coca-cola, l'arte
della mercanzia assorta su sé...
Allora mi assoldo a cavare i denti
dei leoni andanti, in moeca,
come un dottore pedante, Goldone,
the gold one; Balanzone: all'enoteca
cinese perfino un macaco berrebbe
alla mia salutare perfida lena.



11 settembre 2009

Con Franz



La casa non è un luogo sicuro, bisogna trovare un luogo più oscuro, più segreto, la vita non è libera neppure il giorno del riposo, dall'ansia e dal controllo. Dove riporre i gesti ossessivi, dove abbandonarsi alle illusioni di essere un altro corpo e di fare imitazioni di Cristo? Nulla è conquistato, tutto è in prestito, anche la solitudine è in prestito e il riconoscimento è presto ritirato dagli scaffali della memoria altrui, come un libro poco venduto. Anche il nascondimento, che impone l'amore, il sotterfugio della mente, le ore in cui gli uccelli si svegliano e cinguettano ed è sveglio con loro un desiderio che spinge ad appagarsi, si perde presto dietro la paura e la vergogna, l'incertezza della nostra condizione. Ed è quella benevolenza, che viene di nascosto, che cura ogni nostro gesto, ogni parola, ad essere così soffocante e crudele, un bene che giunge così tacitamente, osceno e folle, un bene che corre in tutti gli orizzonti e viene da noi per scappare alla paura di essere diverso; una cura disperata, una saggezza senza orgoglio e speranza, senza distinzione. 





10 settembre 2009

Descartes a colazione da Faust




(la notte): - Orrido vento, ti presenti in un'ora di tristezza minacciosa, con un accento di squallore; da dove sei venuto? Tutto in effetti t'attira qui: una voglia molesta, una vanità irosa, cose indaffarate tra malcapitati, ed io, che non voglio più parole vuote e teste febbrili, mi tappo in una coltre di coperte. Ho usato un'astuzia nuova, una parsimonia occulta di forze e un mistero di sogno che hanno realizzato lì fuori una collera potente e offensiva insieme ad una nuova fascinazione per il disprezzo. E dunque sei qui, a parlarmi senza che t'ascolti, so che ti ho chiamato per rendere falsa un'illusione, per averti saputo intatto e servitore in molti anni. Non sono il tuo padrone, né il mago che gioca a trasfonderti; passi spesso attraverso la mia vita ma non ti ho mai usato. Sei vicino, toccherai stanotte qualche corda, una vibrazione nuova e te ne andrai domattina presto, come un furore muto, sottile, impacciato. Resterà qualcosa di brutto e osceno, durerà ancora un poco, poi il tempo lo cancellerà, se non avrò il cuore abbastanza sveglio da avvisarmi prima, che non posso dimenticarlo. L'illusione farà amaramente rimpiangere il passato, il disprezzo produrrà nuove scelte; ed io rimarrò a guardare sapendo quasi tutto. Un quasi, questo, che nasconde il nuovo, l'impensabile, quello che non sappiamo vivere; e così mi accadrà di sognare una scena fasulla, un fantoccio e una rabbia assurda, un allontanamento e una sensazione di compiutezza, di solitudine piena, rocciosa e aperta, sicura: io e loro. E poi una volta sveglio, un cuore che sanguina, lievemente.

(il mattino, a colazione): - Mi sento senza pelle o senz'occhio; vedo però ritratti come succhiati da un posto della mente quando il capo s'appoggia ad un vetro traballante in una traversata di sonno sopra l'acqua, ma distaccato dall'acqua come dentro uno scafo, in una testuggine capovolta, in un vascello, un sandalo di gigante. Ogni esperienza è staccata, come un pelo, un ciglio sul ciglio del vedere, così proprio, così vicino alla pellicola del volere: è un fazzoletto di desideri che si porta in un pacchetto chiuso nella tasca, vicino al membro duro che fa male, al cuore che batte regolare: l'orologio che pensa.




3 settembre 2009

Ora senz'ombra





In un cielo muto di vento

impietrito di vene d’azzurro

mi porto eretto oltre le siepi

i dirupi e un lungo muro dei pianti

ormai esalati, salato e rovente

di collere buffe; oltre a tutto

con una disciplina transitoria,

come una scommessa morente

sommessamente vivace, di smalto

celestiale, rapinoso e fugace.





2 settembre 2009

Perpetuum mobile



Le presenze in queste stanze raccolte

in un briciolo di memoria tra il mare

e i grani di rena che mi siedono

a calcare l’orma d’un attimo,

sono accadute ormai di troppo, cifre

sabbiose a competere con noveri

stellari, assiepate nel punto

di un giorno delle mie pupille al sole,

cardini usurati da intrusi,

come un visto per passare ancorato

in un largo di tempo, laggiù, fumoso.