25 ottobre 2009

pesce gatto


Nuoti nel buio delle sei e un quarto nel pieno dell’inverno,
nel gennaio trasecolato. Onnivoro, ogni volta nuove voglie ai tuoi intestini.
O pesce gatto, sia fatta la tua volontà così nel canale e così nelle acque ferme.

Storia del Fegato

Avendo abitato più di mille esseri, il fegato decise di migrare dalle sue funzioni primitive. Lo fece un giorno preciso, provocando un immediato vomito alla bestia del frangente.
Non era sua abitudine, non era abitudine per l’appunto. Digerire il mondo chimicamente, morire assieme all’essere sapendo d’essere l’unico e vero e proprio teatro chimico dell’essere non gli andava giù. Non ambiva alla raffinata gestione del corpo, voleva conoscere senza il supporto dell’essere l’essere delle cose. Da quel giorno, estinse la questione dei sauri e si concentrò nell’urbanistica.
Abitò miliardi di uomini e convisse con miliardi di miliardi di esseri portandoli silenziosamente alle guise del suo ragionare coraggioso. Coraggiosamente silenzioso, asintomatico nel risolvere le questioni più brutali e chiaroveggente nel destino d’assimilazione e lotta connaturata al suo volto ed ai suoi invisibili occhi neri, capaci di spostarsi nell’intero sedimento della sua forma, dove il chiudere diviene muovere e l’aprire è tarda sirena di fabbrica.
La sua storia durò solo lo spazio d’un conato, poi l’eternità dell’incerto divenire. Le dissolute indagini su quella decisione paiono latitare proprio su quel punto. Fossero i nomi da digerire gli espedienti attraverso i quali poteva dirimere la questione era argomento da far passare ad altri ambiti, e così fece liberandosi di quella finzione inopportuna, preferendo l’oscurità dei ventricoli, il dio del sangue, le macerie dell’uomo.
Ha tenuto per sé solo qualche brandello di discordo politico capace di alludere all’ignoto. Una sorta di fatale ignoranza, una svista promiscua, un affare da macellai.
Di prima visura al setaccio, poi al cospetto, alcuna differenza tutti sono ammessi. Come di fronte alle camere dei campi si nota la preoccupata conta serale, così di fronte al fegato ogni “sostanza” capace di “chiamarsi” *una* venne fatta entrare nella stanza degli specchi. Di lì, riconoscendosi per tale, venne annientata, ma solo dopo la magnifica e ultima immagine di sé che quel agglomerato titubante e procedente a salti ideologici, ebbe reso grazia di fare. L’apparato di distruzione funziona in modo apparentemente reattivo. In realtà non siamo lontani dalle tecniche di alcuni rettili dominati ancora dal nostro eroe, che tramutano la paura in appetito e convolano a ultime nozze con la vittima, facendo si che lei si renda appetitosa, anzi che lei sia l’appetito stesso della scena da buco di serratura, o salto tra le fauci del'ultima vertigine

poeti del lunedì

S’alzano prima col foglio in mano,
presi dai giri d’un aeroplano
tiepidamente scartano forme
a seguirli solo le loro orme
poeti del lunedì, si sì!
Questa quartina di vil danaro
Rende il caffè meno amaro
Ora appoggiati nella lattrina
Come vien buona questa rima.
Poeti del lunedì, si sì!
Il mondo intero è un pentagramma
A suonar solo la loro lagna,
cosparso il cielo di feritoie
lungo le scale le loro noie.
Poeti del lunedì, si sì!
C'è sempre in loro un dio campestre
a spiarli tra le finestre
lungo i soffitti di trave antica
a colmare i vuoti della fatica.
Poeti del lunedì, si sì!
ok finita

4 ottobre 2009

i tenaci restauratori


Senza lucro, i tenaci restauratori vanno avanti dove stanno a misurare il danno. A coprire con il nuovo il vecchio.