3 ottobre 2008

Speriamo a Dio


L’illusione a lungo protratta

di somigliare a un bronzetto italiano

è una solitudine cupa

nella mia galleria d’arte bruta.

Le lamine metalliche rivestono

l’esoscheletro idolatrico,

la mia religione naturale

è un teatro di cartilagini

dentro le nostre articolazioni,

nei rapporti oscuri tra pittori e scultori.

La corsa dell’anima appariscente

è un motociclismo vichiano,

un soffione pestifero che muore

lontano dalla mia lunga gittata.


E sembra d’avere

una lingua mobile

per l’uso devozionale.





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