12 maggio 2009

L'importanza del luogo




E’ applicandomi alla ricerca indefessa dell’abitazione che mi capitò di intendere in lui una sorta di preesistenza. Era un doge, in anni di espansione del dominio della serenissima repubblica, quando le merci circolavano veramente tra mari, porti, isole, lagune, fiumi, carretti, mori e schiavi per denaro sonante. I dogi erano d’estrazione piratesca e imprenditoriale al contempo, capitani da mar con lunghi solchi e grinze agli angoli degli occhi arsi dal sole e dal sale. Io probabilmente ero un suo attendente o mi curavo dei depositi dei vini, vettovaglie da assicurare per i suoi viaggi d’esplorazione. Ma certamente i suoi palazzi splendevano di ori e vetri sulle facciate, le corti traboccavano di broccati e sete, gli androni poi misuravano i metri di spezie e otri di vini liquorosi. Certamente nell’isola del lazzaretto i dottori fumigavano le sue mercanzie, i lapislazzuli venivano venduti ai pittori di grido, le sue navi partivano ogni tanto con trombe e pianti e implorazioni alla madonna, o a venere in culti più segreti. I marmi e i bronzi si stavano già preparando per la sua cappella e i famigli, austeri, controllavano i costumi delle femmine. Lui, lavorava da tempo alle ambasciate, spediva lettere e documenti di tale cura che una parola nell’ordito della rettorica poteva valere molte teste. Lo stile e l’equilibrio della prosa era diventato tutto il suo cruccio.

Ora è il desiderio che lo anima alla riconquista, tutto stà nel buon giro dei venti.




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