16 settembre 2009

Sogno di uno scrittore criminale



Mi trovo in una serie di situazioni in cui commetto dei furti, vengo inseguito (mi cercano senza riuscire a vedermi), sparo e faccio crollare con un'esplosione delle stanze della banca, passo ai margini delle impalcature vicino alle fondamenta della banca e con un dito allargo la fessura di una trave portante che è marcita. Mi trovo in un grande edificio pieno di docce, forse una piscina, in cui giro nudo cercando le mie cose, lasciate in una borsa, tutte le mie cose di fuggiasco e senza casa. Ho mio figlio con me, come se l'avessi portato via da casa, gli faccio fare la pipì e gli lavo il culetto a una fontana di una piazza. Credo di aver commesso un reato piuttosto grave di cui sento la colpa ma non comprendo nulla, e compio delle azioni violente; ma nonostante la paura di ciò che faccio la polizia non riesce a trovarmi, sono come un'ombra. Mi sembra di sparare ad un'insegna luminosa (cosa c'è scritto?) per dirigere i poliziotti verso quel punto e per aver via libera per far esplodere la banca. Qualcosa si lega ai miei scritti, che ho lasciato da qualche parte e che tuttavia non sono stati trovati dagli investigatori; forse sono proprio custoditi nella banca. 
Tutto cambia repentinamente, completamente. Noi due siamo ai margini della campagna dove comincia la pineta e poi la spiaggia. Una grande estensione di campi appartenenti ad un contado. Delle strade di sassi, polverose, sotto filari d'alberi, spesso pini marittimi, ci portano paralleli alle spiagge tra paese e paese, in bicicletta, e la tua si ferma. Ora ti porto con la mia Honda. Ci addentriamo nella pineta dove c'è il rudere di una grande casa colonica, mescolata alle rovine di un bunker antiaereo, in cemento armato, e tutto questo si muta in grandi sale rovinate, una di queste come un ampio atrio, con uno scalone colossale, anche questo diroccato, con buchi e piante sui soffitti. C'è della gente, invitati ad una festa, ad un ritrovo, e noi liberamente ci mescoliamo a loro, che vanno e vengono tra musiche, mostre, rinfreschi che si tengono un pò dovunque, sopra terrazzamenti intorno al bunker, pinete sopraelevate, ponticelli. Il tramonto si avvicina, e la luce filtra tra i buchi del soffitto, rosea, carezzevole sulle cose. Una tenda di velluto pesante nasconde un passaggio sotto lo scalone verso una stanza, un appartamento abitato abitualmente, forse un camerino per un'artista di spettacolo, o la proprietaria della tenuta di campagna; vediamo un taccuino posato sopra la toeletta, dei fogli sparsi insieme a mozziconi di sigaretta: quei fogli sono miei. I soldi nel taccuino sono quelli che ho rapinato dalla banca, ma molti anni prima, e questo bunker non è altro che quella banca che avevo fatto esplodere. I fogli e i soldi sono stati custoditi da questa donna che non c'è. Tutto qui ha preso le sembianze di un luogo nuovo, tranquillo e pacifico tra cicale e interessi artistici, reminiscenze di soggiorni hemingwaiani di caccia ai fagiani nelle proprietà del conte Pasti. Usciamo fuori, ci troviamo nel cortile della casa colonica, in terra battuta, dove nei fabbricati rustici intorno sono stati organizzati dei laboratori, come un museo, dedicato ad un uomo che qui ha costruito un falansterio, un villaggio in cui si viveva di scoperte scientifiche. Giriamo lungo un percorso dentro gli ampi fienili, le stalle, capannoni in cui quest'uomo ha costruito e raccolto macchine che servivano per migliorare la vita contadina e sociale della casa colonica. Tutto ha delle targhette, vi si trova qualsiasi collezione di insetti, animali, minerali, congegni per misurare, meccanismi per muovere, bobine per raccogliere energia, e delle guide spiegano in maniera ottimistica ed entusiasta la vita e le scoperte di quest'uomo, accompagnandoci alla fine di fronte al busto in bronzo posto alla fontana in mezzo allo spiazzo in terra battuta, polverosa, tanto che mi guardo le scarpe sporche di bianco. Vedo i cancelli di ferro alti che racchiudono l'intero borgo, l'entrata è chiusa da due inferriate coronate ad arco, con sopra una frase malandata (cosa c'è scritto?) che è rivolta all'incontrario, verso lo stradone bianco che si perde nella piattezza dei campi coltivati. Sono rinchiuso? 
Quel busto è mio figlio, che ha seguito con assiduità un sogno di riscatto, che ha saputo trovare risposte laddove avevo seminato solo domande.


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