22 settembre 2009

Il tempo dell'apprendista








Ho perso molto tempo restando seduto. Il tempo perso si è inabissato, come dentro un fiume carsico, non so dove. E come il tempo fluisce, quello passato fluisce in un mare in qualche regione non so dove dentro la coscienza, o nel cuore che batte, o nei flussi del respiro e del sangue; ma in un serbatoio, in una grande distesa, in una condensazione o un bacino, quel tempo stà lì a evaporare. Il tempo che ho perduto scorre a gocce sublimato insieme alle frecce del presente.
L'affanno delle cose che turbinano intorno all'ansia nei momenti in cui mi alzo ha un particolare carattere tempestoso, burrascoso; il mare si muove lanciando strali di tempo condensato come grandine dura. Quali decisioni si saranno convogliate, e separate, strappate al fondo per afferrare le cose, spingerle tutt'intorno senza fiato a mulinare con energia cieca, per essere finite, decise, violentate dal mio arbitrio? Cosa lavora questo tempo insondabile e oscuro, quali perle di volontà e desideri infila insieme per donarle poi in una collana barbara ad un collo d'albero, ad una vita di vespa, adagiarla ad un fianco di montagna? Ma di più, in parole dette, in collane di parole ascoltate, che hanno attorniato il tempo e le sue oscure anticipazioni verso un fiume di eventi, senza paura alcuna.
Prosegue la metafora questo corpo, prosegue un tempo immaginato. E' l'evaporazione che diventa immagine, come un arcobaleno di gocce sospese diventa schermo del sogno. Perché il Doktor biasimava l'attività del sogno ad occhi aperti? Nulla di male, nulla di male: è un cinema delle passioni, ma in una camera oscura che s'agita immediatamente dopo, s'alza e cammina. Cosa sanno fare le parole delle narrazioni e del pettegolezzo?




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