31 ottobre 2007

inciampare tra le radici

Presentare ad ogni demone la piccola parola del nostro cuore più palpitante. Madre mia, di fronte all’insegna incisa nella pietra dell’attimo. Io, di fronte al rubinetto della cucina con il bicchiere di vetro opaco. No, tra le viti a scomparsa della plastica corvina. Salve, di fronte alle forme estranee degli edicolanti. Tu, nel letto immerso dalle penombre pomeridiane di questo inverno. Ogni mondo descritto e gettato tra i marosi della morale ottiene che sia dissimulata la sua apparenza. Se a dirlo è il pastore quando la bestia guidaiola non scambia i postumi della sua esperienza ma recita l’obbedienza, condivide le storie dei cani antidiluviani che imperversano tra le righe sottili delle prigioni di pioggia. I campi lontani dalle teorie dei campi, le teorie di sguardi e le foglie unità minime della passeggiata degli affini. Mostrava a me il suo caschetto di capelli biondo cenere e la perfetta curva con la quale cadevano sul collo che presa la forbice da carta ne tagliai una sezione quadrata capace di farla urlare e spostare me in altra classe a pensare al dolo e alla colpa grave e alla meravigliosa vaghezza di ogni cavità. A brancolare nella luce con la mente per ogni esercizio pratico. Gli istinti gregari nella prestanza della complicità in luoghi di branco. La gamba ingessata ad inseguire i compagni per scalciare i loro timori. L’estraneità a tutto il movente del nostro cuore. Gli assunti della storia ripetevano che non vi è percorso univoco e con le mani sporche di pongo mostravano i finali della storia.

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