31 ottobre 2007

le passeggiate diurne del signor Gameto

La coppia formatasi prese a camminare nel senso della strada nuova, ma quasi subito svoltarono nelle strade meno trafficate del ghetto. Quella vaga cava si rivolse con il lei ad Antonio Gameto nel porgere quella scatola decisa di biscotti che doveva essere un riferimento a qualche nodo dei loro discorsi precedenti. Passarono il ponte del ghetto e risalirono interamente la fondamenta della misericordia per arrivare alla prima tappa del loro percorso stabilita ai Santi Apostoli in un caffè ricco di dolciumi. Il lei fu abbandonato ed anche la conversazione spesso lasciata ad impigliarsi tra gli occhi che si abbassavano sul tavolo, non riusciva ad essere come le parole che si erano scambiati per altra via e in altri luoghi. Non restò loro che alzarsi e riprendere il percorso passando il ponte dei commercianti sino ad una trattoria delle poste dove in una specie di vetrina si fermarono per il pranzo. Vaga cava era astemia, dunque Gameto per non offendere il locale cercò di terminare per intero la bottiglia di vino bianco del Trentino che aveva ordinato . La discussione nella trattoria delle poste tocco diversi punti più cruenti. I due parlarono del terrore e del senso della partecipazione alla congrega degli schermati della rete e non mancarono di ironizzare sulle maestranze del locale che si videro costrette verso le prime ore meridiane a sollecitare l’uscita della coppia dal locale. Il percorso da fare per tornare nei pressi della stazione era piuttosto lungo e l’aria frizzante fece sparire il torpore del vino dalla testa meandro di Antonio Gameto. Egli ebbe modo di portarla in alcuni luoghi giudicati significativi per la sua poco precisata formazione. Non gli passò per la testa che un edificio chiamato Liceo non si discostava troppo da altri chiamati Bacaro e che nella testa recipiente della Vaga cava quella distinzione poteva sciogliersi in un sorriso.
Ma restava ancora un luogo da raggiungere e questo luogo aveva la buona funzione di equidistanza dalla stazione ferroviaria e quella delle automobili. Entrarono così in questo luogo dal nome vagamente esotico che avrebbe dovuto richiamare qualcosa nella orda dei pensieri dei suoi avventori notturni. Ma nel pomeriggio la sua conformazione lo faceva apparire null’altro che un bar con dei piccoli tavoli tondi di legno ed i quadri alle pareti di muratura perdevano con la luce diurna ogni fantasiosa ipotesi che l’oscurità sapeva riferire.
Giocarono a scacchi pareggiando l’incontro e decisero che avrebbero cenato assieme anche la sera, ma nella casa del Gameto. Questi non riusciva più a fermare il flusso delle sue rappresentazioni ed aveva perso ogni garanzia di primogenitura nei pensieri quando capiva che guardando lei non era lei ciò che realmente guardava, bensì uno specchio incapace di riflettere fedelmente l’immagine di seduzione che egli avrebbe voluto vedere. Tra due persone credeva dovesse stabilirsi un dialogo segreto fatto di gesti e di movimenti occulti capaci di risalire la china dello sguardo o della parola. Ma di tutto questo armamentario gotico non vi era traccia. La sola questione era quella di prolungare il tempo, come avrebbe desiderato fare un predatore di fronte alla sua probabile vittima. Un tempo ipnotico da arrestare assolutamente. Il personale del locale trattò freddamente i due forse per questioni di vecchia data che interessavano il Gameto. Eppure la sua sfrontatezza in certi casi risultava per quanto inopportuna la medicina migliore per continuare a girovagare nel solito mondo degli affitti notturni con delega pomeridiana. Se avesse dovuto preliminarmente compiere una cernita di luoghi e discorsi non avrebbe reso un servizio da scrittore sulla propria “umana” vicenda. Pertanto decise che si sarebbe lasciato andare in tema di confessioni e amenità di carattere generale.
Presero il cammino verso la stazione delle automobili e lasciare Venezia era un sollievo per entrambi.
Gameto fissava nel percorso dei punti dove qualsiasi fosse stato il discorso l’avrebbe interrotto e detto qualcosa, come un qualsiasi latitante delle cerimonie. Così fu per il ponte delle gomme. Ma la sensazione descrittiva si era completamente avviluppata nelle rotazioni del cranio che cercavano altri riferimenti, come arpioni capaci di trainare quella coppia divenuta stanca del percorso.

1 commento:

  1. Una super-teoria delle emozioni. Una teoria della relatività allargata, non ristretta, di queste stringhe, non righe, alle emozioni. Stringhe di emozioni in una visione allargata. Stringhe in una teoria allargata alle emozioni relative. Superiore teoria delle stringate emozioni, emulsioni di emozioni in soluti insoluti, questo siamo noi. Questo sa fare Local Machine. Io, resto a guardare abbacinato. Abbagliato e Big-bangato.
    Tuo Land*scape.

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